FOCUS SULL’EDILIZIA ABITATIVA POPOLARE, REALIZZATA IN POLONIA COL SISTEMA DEI PANNELLI PREFABBRICATI DURANTE IL PERIODO DEL POST-STALINISMO
Il socialismo reale (come fu chiamato per distinguerlo dal socialismo ‘ideale’), ebbe nell’architettura polacca dei decenni post-bellici due principali stagioni: quella stalinista, legata all’URSS e agli altri Stati ‘fratelli’, e quella post-stalinista, più aperta agli apporti modernisti del mondo libero e democratico. Le differenze tra le due stagioni sono alquanto evidenti, essendo stata la prima più incline al recupero di forme storiche e all’espressione di una certa solida monumentalità, mentre la seconda, durata fino al 1990 circa, ossia fino alla fine della dittatura monopartitica, è stata più conforme alle direttive in materia di standardizzazione ed economizzazione dei processi costruttivi.
Nel campo dell’edilizia abitativa per i ceti popolari hanno prevalso, durante la seconda stagione, i tipici edifici a torre o a lamella (detti anche “a pacchetto di sigarette”), parenti stretti dei tedeschi plattenbauten (edifici a pannelli) ai quali erano accomunati per l’uso della prefabbricazione pesante, che ebbe un ruolo economico trainante in molti Paesi socialisti durante gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso. Un convinto fautore degli edifici residenziali alti, isolati nel verde, fu del resto in Germania il grande maestro Walter Gropius, che già durante la Repubblica di Weimar li inserì nell’ambito di grandi siedlungen composte da varie tipologie abitative.
L’exploit di tali costruzioni, alquanto facili da realizzarsi per la schematicità delle forme adattabili meglio di altre alla prefabbricazione e alla standardizzazione, si ebbe comunque nei Paesi socialisti, dove in molte città assunsero il valore di conquiste tangibili che i governi nazionali, durante il post-stalinismo, poterono ascrivere al soddisfacimento del bisogno di alloggi delle masse popolari. Interi quartieri periferici o addirittura interi pezzi di città furono quindi costruiti con questi edifici alti, prefabbricati, che impressero al socialismo reale la sua immagine forse più icastica.
Quando mi recai in Polonia le prime volte, intorno alla metà degli anni ‘80, restai alquanto impressionato nel vedere quegli enormi caseggiati, stilisticamente poveri e monotoni seppure immersi in ampie aree verdi (la proprietà del suolo era pubblica), che in Italia erano rarissimi. Non era facile elaborare un giudizio tecnico-estetico su quelle esperienze che ai miei occhi apparivano talmente impattanti e, in parte, disumanizzanti, da suscitare intime perplessità sui ‘successi’ che il socialismo realizzato si vantava di aver raggiunto in Polonia. Le perplessità sgorgavano anche dall’osservazione dell’insolito accostamento, ai volumi squadrati delle costruzioni, di balconi che non sempre apparivano morfologicamente coerenti col tutto, mostrando anzi talvolta dei formalismi fin troppo elaborati che i padri del modernismo architettonico non credo avrebbero approvato. Che l’essenza del socialismo edilizio potesse riassumersi nell’abbellimento della solida prefabbricazione pesante, mediante il lezioso ornato di accessori quali i balconi, mi sembrava un’evidenza che persino la mia indole situazionistica registrava con incredulità. Per non parlare della personalizzazione che gli abitanti apportavano agli esigui spazi di detti balconi, da me vista quale desiderio di liberarsi dalle costrizioni uniformanti che il socialismo imponeva all’aspetto degli alloggi popolari.
Sentivo tuttavia che si trattava di opere che potevano essere interessanti da documentare mediante la fotografia. Con occhi che rendessero il senso di compiacimento ma anche di straniamento che provavo nel percepire quegli ambienti urbani popolosi, che inveravano su larga scala alcuni basilari principi del razionalismo e del funzionalismo architettonico (edificazione libera, immersione degli edifici nel verde, etc.).
Dopo la caduta del socialismo, i nuovi amministratori democratici stanno promuovendo ingenti lavori per rinnovare le parti edilizie più degradate di quegli edifici e per renderne meno grigio l’aspetto, mediante nuovi rivestimenti o ritinteggiature a colori spesso vivaci. Il processo è tutt’ora in pieno corso ed è prevedibile che si traduca in estesi mutamenti d’immagine delle tante città che per decenni hanno fatto parte del blocco politico socialista, ormai scomparso.
Le fotografie pubblicate in questo post mostrano come appare, nell’agosto del 2011, un quartiere periferico della città di Suwałki, nel nord-est della Polonia, molto nota per trovarsi in una regione punteggiata di laghi che rendono incantevole il paesaggio.
EMAS (Emanuele Masiello) – Settembre 2011
Ringrazio Kinga e Rafał Niemirowski