QUANDO LA TECNICA COSTRUTTIVA SORPRENDE E COMPIACE
Recandoci a Prato insieme all’amico Giulio Gasbarro per assistere ad una performance del modellatore e scultore Leonardo Bossio, inserita nell’ambito di una serie di eventi intitolati Spazi Senza Limiti, promossi dall’artista Marco Biscardi, ci è capitato di imbatterci in alcuni capannoni industriali dismessi, facenti parte dell’ex Lanificio Società Anonima Calamai, che hanno rapito all’istante la mia attenzione per l’evidente loro pregio costruttivo.
Onde per cui non ho esitato, come attratto da una forza nascosta, a fotografarli copiosamente, seppure con la sola fotocamera “da battaglia” in dotazione al mio telefono mobile, che comunque si confà alla convinzione maturata da tempo che non è la strumentazione costosa e sofisticata ma l’occhio e la cultura visiva dell’autore che fissano la qualità delle fotografie e di opere analoghe.
Del resto, essendo Giulio un appassionato d’arte e direi anche un valente artista, seppure prestato all’odontoiatria, non si è opposto alla digressione situazionistica, ma l’ha anzi assecondata scattando anch’egli numerose fotografie dei capannoni. La qual cosa dimostra, per quanto siano insopportabili coloro che la citano continuamente e a sproposito, che la “serendipità” (o per meglio dire la “fortuità”), parrebbe esistere davvero, laddove può capitare che puntando a uno scopo se ne raggiungano altri diversi, non pianificati ma comunque graditi.
Pur datandoli all’incirca agli anni ’20 del secolo scorso, non ho avuto il tempo di acquisire precise informazioni storiche sui capannoni, affiancati l’un l’altro a schiera, dei quali alcuni recuperati di recente e altri in corso di recupero. Mi sono limitato a coglierne, visivamente, la loro astanza costruttiva, che testimonia l’alto livello raggiunto dalla cultura industriale pratese nella sua densa storia. Ho pertanto ammirato il loro semplice impianto planimetrico rettangolare, con ingressi assiali e finestre simmetriche sui lati brevi, le possenti murature miste di pietre e mattoni, le coperture voltate di laterocemento, con lucernari longitudinali in colmo.
Più di tutto, però, sono rimasto incantato dalla visione delle capriate, le quali in realtà non sono capriate ma archi a spinta eliminata (analoghi a travi di tipo Vierendeel), che reggono per l’appunto le coperture voltate. Essi sono fatti di cemento armato e sono costituiti ognuno da un arco a profilo ribassato, da un tirante orizzontale e da tre pendini (ossia “monaci” o “colonnelli” come potrebbero altresì chiamarsi) che connettono l’arco al tirante.
Va detto che i pendini e il tirante hanno sezioni quadrangolari molto piccole, ed inoltre che i tre pendini sono alquanto radi. Il che fa sì che gli archi paiano esili e leggeri, eleganti e garbati, come raramente se ne sono visti nell’area fiorentina. Essi sono chiaramente riferibili all’uso primordiale del cemento armato, con chiari rimandi, in Francia, alla prima poetica perrettiana mutuata dal sistema brevettato da François Hennebique. Vi è da aggiungere che per la loro forma studiata, oltre che per altre palesi qualità (esattezza e chiarezza del disegno, economicità, praticità di posa in opera, rispondenza alle esigenze di sicurezza contro gli incendi, etc.), essi paiono difficilmente ascrivibili alla mera operatività delle maestranze che costruirono i capannoni. E non anche a una mente autoriale, desiderosa di infondere pregio formale alla soluzione tecnico-estetica ideata.
Il caso ha poi voluto che assistendo alla performance di Bossio – di bravura non comune avendo egli modellato in presa diretta e con icastica somiglianza il ritratto in argilla di Biscardi, oltre ad aver illustrato una sua recente scultura fatta con mattoni di gasbeton (calcestruzzo aerato) -, mi sia capitato di conoscere la signora Marcella Marsili, comproprietaria dell’intero compendio dell’ex fabbrica Anonima Calamai. Ella si è rivelata molto gentile, offrendosi di accompagnarci a vedere, anche se solo dall’esterno giacché avvolti da ponteggi, altri edifici ex produttivi vicini a quelli fotografati poco prima insieme a Giulio. Abbiamo quindi avuto modo di osservare autopticamente i capannoni delle tintorie, con coperture longitudinali provviste di lucernari atti a favorire la fuoriuscita dei miasmi, la cui paternità è attribuita a Pier Luigi Nervi. Il geniale ingegnere di Sondrio lavorò infatti da giovane parecchio in Prato, utilizzando fin dagli inizi della sua carriera il cemento armato come materiale costruttivo che l’avrebbe reso famoso in tutto il mondo. (Si veda: Costruzioni & sperimentazione : l’attività del giovane Pier Luigi Nervi a Prato / [a cura di] Giuseppe Guanci) / Campi Bisenzio [FI] 2008 / Catalogo della mostra tenuta a Prato nel 208).
Grazie alle spiegazioni della signora Marcella, abbiamo acquisito altre interessanti notizie anche sui capannoni fotografati da me e Giulio. Venendo così a sapere che nella scelta della facies che sta emergendo dal recupero dei fabbricati ha parecchio inciso la committenza, che si avvalsa come tecnici dell’architetto Laura Bartolini e dell’ingegnere Carlo Puggelli titolare di Area Progetti. E’ quindi apparso chiaro chi ha indotto a lasciare a vista i paramenti murari, salvo che nelle paraste e cornici dove è stato mantenuto l’intonaco preesistente, visibile nelle immagini di Google Maps risalenti ad alcuni anni fa.
So bene che sarebbero necessari adeguati studi storici. Non voglio però astenermi dall’ipotizzare che anche gli archi a spinta eliminata, dei capannoni di cui trattasi in quest’articolo, parrebbero ascrivibili alla sperimentalità e all’eleganza (si direbbe innata) mostrata da Nervi nei progetti di tante sue opere. Se ciò fosse vero, non dico che si tratterebbe di una scoperta sensazionale, ma nondimeno di una scoperta non trascurabile per la definizione del valore storico-architettonico della ex fabbrica Anonima Calamai e per le prospettive del suo recupero e riuso.
Quella vissuta nella giornata di domenica 16 ottobre 2022, assistendo a un evento creativo nell’atelier di Marco Biscardi (dove si coglie una vago richiamo a The Factory di Andy Warhol), è stata quindi un’esperienza non dimenticabile. Che ha esteso le mie conoscenze sui pregi talvolta nascosti dell’edilizia proto-industriale moderna, e sull’area urbana di Prato dove le fabbriche hanno notoriamente segnato la storia costruttiva della città e la specifica ricchezza del suo patrimonio culturale.
EMas (Emanuele Masiello) – ottobre 2022
Le facciate principali dei capannoni in fase di recupero, dei quali si osservano i paramenti murari di pietra e mattoni lasciati a vista, eccezion fatta per le paraste e le cornici di cui è stata mantenuta l’intonacatura
La finitura esterna dei paramenti murari misti (pietre, mattoni, etc.)
L’interno di uno dei capannoni in fase di recupero, di cui si osservano gli archi a spinta eliminata, poggianti su pilastri laterali, che reggono la copertura voltata
L’intradosso della volta di uno dei capannoni in corso di recupero. Si osserva la passivazione dei ferri delle armature, ossia il trattamento del metallo da cui sono state asportate tutte le tracce di ruggine
Particolare di uno degli archi a spinta eliminata, i cui profili cementizi sono molto esili e radi
Il retro del capannoni su via San Paolo, strada di antico tracciato
L’area su cui sorse, per progressivi accrescimenti, l’ex Lanificio della Società Anonima Calamai, era in precedenza occupata da beni edilizi del Monastero di San Vincenzio. Stralcio planimetrico del Catasto Lorenese (prima metà XIX secolo).
I capannoni situati sul retro dell’ex Lanificio della Società Anonima Calamai, prima dell’avvio dei lavori di recupero ai fini del riuso. Da Google Maps luglio 2014
I capannoni situati sul retro dell’ex Lanificio della Società Anonima Calamai, nella fase iniziale dei lavori di recupero. Da Google Maps, settembre 2022
Altra immagine frontale dei capannoni situati sul retro dell’ex Lanificio della Società Anonima Calamai, nella fase iniziale dei lavori di recupero. Da Google Maps, settembre 2022
L’ex Lanificio della Società Anonima Calamai visto dalla strada pubblica, nella fase iniziale dei lavori di recupero. Sulla sinistra, più alti, si notano i capannoni gemelli della ex tintoria, attribuiti a Pier Luigi Nervi. Da Google Maps, settembre 2020
L’ex Lanificio della Società Anonima Calamai in un’immagine satellitare 3D. Da Google Maps 2022
L’ex Lanificio della Società Anonima Calamai in una immagine satellitare zenitale. Da Google Maps 2022
Interno dell’atelier “Lanarchico” dell’artista Marco Biscardi. Fotografia dalla locandina di “Spazi senza limiti”