LA TRISTE VICENDA DELL’ABBATTIMENTO DELLA EX SUCCURSALE FIAT, IN VIALE BELFIORE, DOVE DA ALLORA È RIMASTA UNA ENORME BUCA LA CUI SORTE È TUTTORA INCOGNITA
L’ennesimo scempio si mostra in questi giorni agli occhi attoniti dei fiorentini che passano lungo i viali di circonvallazione: la scomparsa della ex succursale FIAT in viale Belfiore. La gravità dell’accaduto merita la condanna più dura. Nessuno avrebbe potuto immaginare che in pieno agosto la città potesse subire un vulnus così sfacciato. Neppure chi sapeva che l’edificio sarebbe diventato un albergo di lusso, progettato da Jean Nouvel, avendo inteso che sarebbe stato trasformato ma non raso al suolo.
Sono ormai decenni che Firenze vivacchia in un sonnolento torpore provinciale, senza più riuscire ad apportare alcun contributo significativo ai campi dell’urbanistica, dell’architettura, della viabilità, e persino a quelli più ordinari del decoro urbano, della manutenzione di strade e giardini, etc. Dai lontani tempi del grande maestro Giovanni Michelucci e di pochi altri valenti architetti, Firenze ha perduto pressoché totalmente il ruolo di città in grado di saper esprimere valori in campo estetico e costruttivo. Lo attesta l’avvilente vicenda della pensilina degli Uffizi in piazza de’ Castellani, progettata da Arata Isozaki, rimasta a distanza di anni ancora e solo sulla carta per la retriva ostilità di chi si oppone a ogni audace novità restando però inerte per ciò che di più turpe accade al di fuori dei ristretti confini del centro “storico”. Di fatto, è pressoché impossibile riuscire ad affermare in città il concetto del valore aggiunto che l’architettura o l’arte contemporanea possono apportare alle aree urbane sia centrali sia periferiche. E risulta assai arduo individuare opere d’architettura realizzate a Firenze negli ultimi anni che riescano a reggere il confronto qualitativo con le esperienze progettuali internazionali più avanzate. Le realizzazioni degne di nota (Stazione ferroviaria di Firenze-Statuto, Supermercato Esselunga in viale Canova, Museo dell’Opera del Duomo, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure, etc.) sono rare e del tutto occasionali.
Ma il fenomeno più grave, che rende abbagliante la condizione di profonda decadenza in cui giace la Firenze attuale, non è tanto l’incapacità di esprimere valori creativi anche solo lontanamente raffrontabili al suo celebre passato, quanto la tendenza a distruggere con scandalosa rozzezza e sciatteria le testimonianze anche notoriamente più importanti del suo pregevole patrimonio culturale. Basti pensare al grande stabilimento FIAT di Novoli, meritevole di essere tutelato e valorizzato in quanto complesso tra i più imponenti dell’architettura industriale fiorentina e toscana, che è stato brutalmente raso al suolo per far posto a un quartiere dalla variopinta e artefatta fisionomia “neo-ottocentesca”, che persino il suo padre putativo Leon Krier ha difficoltà ad apprezzare. A Torino, grazie all’abilità di Renzo Piano, lo stabilimento FIAT del Lingotto è stato mirabilmente preservato e rivitalizzato, divenendo uno dei maggiori poli d’attrazione e propulsione della città. A Firenze si è scelta invece la sbrigativa strada della demolizione, senza peraltro considerare le potenzialità insite nei grandi spazi del dismesso stabilimento FIAT di poter accogliere degnamente le funzioni espositive incentrate attualmente sulla Fortezza da Basso, che è poco idonea a tali scopi. Basti inoltre pensare al recente abbattimento del Cinema Vittoria in via Giovanni Fabbroni, anch’esso avvenuto per sconfortante insipienza critica. Si è così distrutta un’interessante architettura cinematografica, sostituita da un nuovo condominio che, per quanto studiatamente conformato, non giustifica l’avvenuta demolizione della sala e non allevia affatto il carico residenziale di un contesto urbano che è tra i più densamente abitati di Firenze e uno dei più carenti di spazi destinabili a usi pubblici.
L’abbattimento della succursale FIAT in viale Belfiore (inaugurata nel1954) non è quindi che l’ultimo scempio di una sequela ben nutrita. Pur tuttavia è sicuramente tra i più gravi e dolorosi. L’edificio costituiva infatti un episodio tra i più attrattivi del panorama architettonico cittadino databile agli inizi del secondo dopoguerra, ed era senza dubbio meritevole di attenzioni e cautele quanto meno non inferiori di quelle prestate a un’opera quale la vicina palazzina ferroviaria della Squadra Rialzo, protetta da ‘vincolo’ culturale e paradossalmente assai meglio tutelata quantunque da anni vistosamente rimaneggiata. Al di là del suo valore intrinseco, l’interesse maggiore dell’edificio della Fiat consisteva tuttavia nel fatto che nel corso dei decenni aveva acquisito una tangibile e familiare visibilità nel paesaggio urbano fiorentino, con speciale riferimento a quello creatosi nel tempo lungo i viali di circonvallazione. Il transito in automobile lungo quel tratto di viale Belfiore o l’attesa al semaforo in direzione di Porta al Prato ha offerto per anni l’occasione di ammirare il sapiente inserimento dell’opera nell’assetto viario circostante, potendo beneficiare di gradevoli pause estetiche nel continuo fluire del traffico. Adesso tutto ciò non sarà più possibile. La scomparsa dell’edificio dall’ambiente cittadino lascia una vuota sensazione di straniamento. E a poco possono valere le argomentazioni di chi sostiene che la demolizione è stata necessaria per consentire la costruzione dell’albergo progettato da Jean Nouvel e per favorire in tal modo anche a Firenze l’importazione dell’architettura contemporanea. Come a poco sono valse le argomentazioni di chi ha sostenuto che coinvolgendo altri famosi architetti (Zaha Hadid, Odile Decq, Studio Archea) si potessero in qualche modo mitigare gli esiti a dir poco sconfortanti della grande operazione urbanistica attuata nell’area di Novoli.
In ogni caso, il valore del nuovo non si afferma mai a danno del valore di ciò che si cancella o sostituisce. Non si doveva quindi radere al suolo la succursale Fiat di viale Belfiore, che era una piacevolezza visiva ogni qualvolta si passava dalle sue parti. Solo la ricostruzione dov’era e com’era potrebbe quindi risarcire la perdita di un’opera che resterà nella memoria offesa dei cittadini e nella storia degli scempi più inverecondi compiuti di recente in Firenze.
EMas (Emanuele Masiello) – Novembre 2006 (integrato in febbraio 2023)
NB – Il testo è frutto della rielaborazione, con lievi modifiche non sostanziali, di un articolo pubblicato nel settembre del 2006 nel sito www.patrimoniosos.it.
Crediti iconografici:
– elaborati di progetto dell’Atelier Jean Nouvel
– fotografie esposte alla mostra Sguardi sulla città che cambia / Firenze negli archivi fotografici del Novecento, tenutasi all’Archivio di Stato di Firenze dal 21 settembre al 13 ottobre 2019 (in basso)