Nell’ambito del Ministero della Cultura (ex Ministero per i Beni e le Attività Culturali), un’istituzione non molto conosciuta ma che svolge compiti importanti è l’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione). Si tratta di un ufficio dotato di autonomia speciale (scientifica, organizzativa, contabile, etc.), la cui sede principale è in Roma, nell’enorme complesso monumentale di San Michele a Ripa Grande che ospita vari altri uffici ministeriali.
I meriti storici e attuali dell’ICCD sono tanti, ma s’incentrano soprattutto sulla catalogazione (ovvero la raccolta e la gestione ordinata delle informazioni), il cui valore è evidente non solo per la conoscenza in generale ma anche per la tutela, la fruizione, la valorizzazione.
Come è facile immaginare, il Catalogo del patrimonio culturale italiano è una miniera che non ha eguali al mondo, divenuta tale per i molteplici apporti che nel corso dei decenni vi sono confluiti. Primi fra tutti quelli delle Soprintendenze, che alle prevalenti attività di tutela hanno associato anche le funzioni di raccolta delle informazioni sui beni di propria competenza. Le Regioni, dal canto loro, hanno spesso integrato l’attività delle Soprintendenze, acquisendo grandi quantità di dati territoriali che hanno progressivamente ampliato il Catalogo Nazionale.
Da quando fu fondato nel 1975, sostituendo l’Ufficio Centrale per il Catalogo, l’ICCD ha quindi svolto un ruolo di notevole importanza, adattandosi ai cambiamenti normativi quali quelli riguardanti per l’appunto il riparto delle competenze tra Stato e Regioni. Anche la digitalizzazione continua a restare prevalente appannaggio dell’ICCD, quantunque nel 2019 sia stato creata a tale scopo, nell’ambito del Ministero, un Istituto Centrale ad hoc (la ‘Digital Library’).
Ma più che tessere le lodi dell’ICCD, vorrei soffermarmi sulla recente messa on-line del nuovo Catalogo Generale dei Beni Culturali, presentato pubblicamente il giorno 2 marzo 2021 in modalità telematica.
Il nuovo Catalogo costituisce il risultato di un lavoro ambizioso e complesso, il cui principale scopo è stato quello di aprire la conoscenza del patrimonio alla libera e gratuita fruizione del pubblico, in sintonia con quanto sta accadendo nel mondo grazie ai progressi delle tecnologie informatiche. Tale lavoro è sfociato nella creazione di in un nuovo sito web, la cui interfaccia grafica, semplice ed intuitiva, consente di accedere agevolmente alle informazioni digitali che si cercano o tra le quali si vuol curiosare lasciandosi guidare dalle preferenze.
Una prima sezione, che cambia e si aggiorna continuamente, in modo random, è riservata agli autori delle opere. Una seconda sezione è invece dedicata ai ‘luoghi della cultura’ (monumenti, siti archeologici, musei, etc.), al cui interno i singoli beni culturali sono conservati.
Proseguendo nella home page si trova un’altra grande sezione, in cui i beni sono aggregati per tipologie (storici e artistici, archeologici, architettonici e paesaggistici, naturalistici, fotografici, demoetnoantropologici, numismatici, scientifici e tecnologici, musicali). Di essi è indicata la consistenza numerica delle schede di catalogo che, solo per citare un dato, ammontano a oltre 274.921 per i beni archeologici. La piattaforma consente infatti di accedere alla versione integrale, in formato PDF, delle schede dei singoli beni, la qual cosa risulta giovevole anche per vedere come sono cambiati, nel tempo, i modi di catalogazione. Per gli studiosi che vogliano attingere alle fonti ‘di prima mano’, si tratta di un’opportunità che apre grandi prospettive alla facilitazione delle ricerche scientifiche.
Particolarmente pregevoli, tra le varie tipologie di beni, sono quelli fotografici, posseduti dall’ICCD in quantità più che abbondanti. Essi includono tra l’altro le ricche collezioni del Gabinetto Fotografico Nazionale, la cui istituzione, nel 1895, risale alla fase iniziale della storia che, dopo la formazione dello Stato unitario, condusse alla creazione del patrimonio documentario italiano di cui oggi si rinnova l’intento comunicativo.
Nel nuovo Catalogo on-line, si può accedere alla conoscenza del nostro patrimonio esplorando altresì una mappa geografica dell’Italia, su cui sono indicati i ‘luoghi della cultura’ che contengono i singoli beni. Tale mappa rende utile il sito web anche a fini turistici, potendo sapere con facilità quali siano le opere eventualmente visitabili in particolari aree o vicinanze.
La home page si conclude con una sezione dedicata a specifici ‘itinerari’, ovvero ad approfondimenti tematici, tra i quali per iniziare ne è stato inserito uno molto interessante sui terremoti che hanno avuto effetti deleteri sui beni culturali.
Ovviamente, è possibile compiere ricerche mirate (per titoli, per regioni, per categorie, per fonti dei dati, etc.), in modo semplice o mediante filtri che agevolano l’ottenimento dei risultati. E’ altresì possibile giungere alle informazioni da vari percorsi o da vari punti di partenza.
La ricchissima banca dati costituisce insomma la fonte primaria per la conoscenza del patrimonio culturale italiano, che la Costituzione repubblicana affida alla tutela dello Stato. Tutto ciò, grazie anche alle potenzialità del semantic web (così chiamato da Tim Berners-Lee) che consente di trasformare i documenti in metadati che agevolano l’elaborazione automatica e il funzionamento dei motori di ricerca. L’informatica culturale, quale disciplina scientifica e tecnologica in costante divenire, dimostra quindi che i progressi ottenibili in questo campo sono tutt’altro che prossimi ad estinguersi.
Tra i vari pregi, un valore precipuo del nuovo sito web, come è stato rimarcato dai presentatori (il direttore dell’ICCD Carlo Birrozzi e i principali altri artefici della sua creazione), consiste nell’offrire la possibilità di accedere dal suo interno ad altre immense banche dati, quale quella davvero colossale di Wikimedia Commons, o quelle di autorevoli istituzioni specializzate, italiane e straniere (Archivio Storico Luce, Società Geografica Italiana, Enciclopedia Treccani, Smithsonian Institute, Library of Congress, etc.).
Ciò è reso possibile dalla crescente diffusione dei LOD (Linked Open Data), i quali consentono di operare on-line beneficiando delle relazioni reciproche tra le informazioni rese disponibili dai soggetti più diversi. Per capirsi, i LOD rendono agevole come non mai l’accesso ai documenti digitali, liberamente consultabili e scaricabili sui propri computers. Il che vuol dire che le informazioni messe in rete dall’ICCD sono destinate a divenire parti integranti di assetti telematici molto più vasti, ai quali apporteranno valori e significati specifici.
In un mondo in cui le conoscenze e le risorse documentarie tendono ad essere sempre più aperte e fruibili, oltre che illimitate, la messa on-line del nuovo Catalogo Generale dei Beni Culturali italiani costituisce quindi un evento meritevole di essere segnalato e apprezzato.
EMAS – marzo 2021
Giovanni Boccati, Crocifissione di Cristo, terzo quarto del XV secolo, Torino, Galleria Sabauda
Autori vari, Pregadio della Regina, Torino, Palazzo Reale