ABBAZIA DEL GOLETO, TESORO D’IRPINIA

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I PREGI STORICO-ARTISTICI DI UN FAMOSO COMPLESSO MONASTICO, RECENTEMENTE RESTAURATO IN MODO IMPECCABILE

L’esterno dell’abbazia del Goleto in corrispondenza dell’area antistante l’ingresso principale

Imbattersi nell’Abbazia del Goleto mentre si vaga nell’Irpinia interna, senza mete precise ma per il semplice gusto situazionistico del déturnement, può essere un’esperienza emozionale molto sorprendente. Che mi è capitato di provare di recente, insieme a Pinzy e Pepy, spostandomi tra Basilicata, Puglia e Campania, ovvero in una porzione di territorio che rende piacevole sentirsi scopritori o riscopritori di luoghi non molto noti, in quanto preservati da intense affluenze turistiche.  

Il cortile dei monaci. Si osservi sullo sfondo l’area di accesso alla ‘Chiesa di Vaccaro’ e, sulla destra, la scala che conduce alla Cappella di San Luca, avente un corrimano in forma di serpente con in bocca un pomo.

Un obiettivo latente, da perseguire senza troppo impegno, era quello di rivedere a distanza di tempo come ‘reggessero’ le ricostruzioni attuate dopo il devastante terremoto del 23 novembre 1980. Il caso però ha voluto che in Comune di Sant’Angelo dei Lombardi, a non molta distanza da Lioni e Nusco, comparisse un cartello segnaletico con la scritta Abbazia del Goleto, che ha evocato importanti ricordi passati e suggerito una opportuna deviazione con sosta.

Non voglio dilungarmi sulla storia né sulla descrizione architettonica del complesso abbaziale, in quanto questo è un post prevalentemente fotografico e turistico.

La goticheggiante facciata della Chiesa Superiore o Cappella di San Luca (ultimata nel 1255), il cui ballatoio d’accesso si rapporta alla presenza della torre campanaria

Mi limito quindi a riportare alcuni brani estratti da un pannello informativo curato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali: La tradizione vuole che nel 1131 San Guglielmo da Vercelli, fondatore della celebre abbazia di Montevergine, nei pressi di Avellino, giungesse nella valle di Conza, (…) in territorio di Monticchio e che qui vivesse per un anno da (…) eremita. Il signore del castello di Monticchio, Ruggero, preso da (…) venerazione nei suoi confronti, gli fece dono di un vasto territorio nel luogo detto Gullito, dove poter erigere un monastero in onore del SS. Salvatore. La costruzione cominciò probabilmente già nel 1133, anche se l’atto di donazione ufficiale da parte di Ruggero risale al 1135. Il complesso era destinato ad accogliere un monastero femminile di clausura; al suo interno, tuttavia, fu posto anche un monastero maschile del tutto autonomo rispetto a quello femminile, ma ad esso subordinato (…). L’abbazia rimase completamente autonoma dalla Congregazione Verginiana fino al 1506, quando il Papa Giulio II ordinò l’unione col monastero di Montevergine e la trasformazione in commenda. (…). Il complesso comprende, oltre ai due monasteri con i loro cortili interni, un’antica cappella e la chiesa del SS. Salvatore, quest’ultima eretta nel 1732 su progetto di Domenico Antonio Vaccaro in sostituzione di un edificio preesistente, è stata ridotta a rudere dal terremoto del 1980. Al centro del cortile delle monache si erge la costruzione più antica dell’intero complesso, la cosiddetta “Torre Febronia” dal nome della badessa che la fece erigere nel 1152. Questa torre, usata originariamente come campanile, ebbe anche funzioni di avvistamento e di difesa. (…). La fama dell’abbazia crebbe notevolmente quando San Guglielmo, di ritorno da un incontro con re Ruggero a Salerno, vi morì il 24 giugno del 1142. Le monache fecero costruire un grande sepolcro per accogliere le sue spoglie e da quel momento sia il Goleto, sia la tomba del Santo sono divenuti oggetto di grande venerazione e meta di pellegrinaggio”.

L’area di accesso alla ‘Chiesa di Vaccaro’, le cui simmetriche scale sinuose denotano chiaramente la loro matrice tardo-barocca
Altra immagine dell’area principale d’accesso alla ‘Chiesa di Vaccaro’
I resti del loggiato che precede la ‘Chiesa di Vaccaro’

Per integrare le suddette scarne notizie, è comunque opportuno riferire che Guglielmo da Vercelli ebbe un ruolo importante per la diffusione della spiritualità monastica in Sud Italia, nel periodo normanno-svevo, che fu tra i più ricchi di storia per le regioni meridionali.

Le sue spoglie rimasero al Goleto fino al 1807, quando per ordine del re Gioacchino Murat furono trasferite al Santuario di Montevergine in coincidenza con la soppressione dell’abbazia. A seguito della quale la grande compagine architettonica, rimasta abbandonata, fu condannata alla spoliazione e al degrado.

Fino al 1973 quando tra i ruderi dell’abbazia si stabilì un monaco benedettino proveniente da Montevergine, P. Lucio Maria De Marino, che avviò i primi lavori di recupero e dette impulso alla rinascita del Goleto, che  aveva tuttavia perduto gran parte dei suoi arredi e dei suoi beni mobili storico-artistici. 

L’area della crociera della ‘Chiesa di Vaccaro’, segnata dal disegno pavimentale che ne evidenzia l’impianto centrico
Altra immagine dell’area centrale della ‘Chiesa di Vaccaro’, con Pinzy intenta a spippolare al telefono
La parte retroabsidale della ‘Chiesa di Vaccaro’, di cui sono evidenti i resti degli stucchi e delle cornici
Altri dettagli ravvicinati dei resti degli originari stucchi settecenteschi della ‘Chiesa di Vaccaro’

E’ altresì importante precisare che all’artista Domenico Antonio Vaccaro, uno dei più brillanti dell’ambiente napoletano del tempo, è da attribuire non solo l’erezione della chiesa (1735-45), che è tuttora identificata col suo nome, ma anche il restauro ricostruttivo dell’intero complesso, resosi necessario dopo il terremoto del 29 novembre 1732. A Vaccaro si deve in sostanza gran parte della facies architettonica che l’abbazia mantenne fino al 1980.

Un restauro esemplare 

Per finire, voglio aggiungere qualche parola sul restauro architettonico a cui l’Abbazia del Goleto è stata recentemente sottoposta (2001c-2007c), con risultati che giudico più che degni di menzione e apprezzamento. Si direbbe a tal riguardo che i fondi europei impiegati per eseguire i vari interventi siano stati molto ben spesi.

Un progetto di restauro architettonico non è altro che un progetto tout court, di qualsiasi tipo o genere, e continua a sorprendere il fatto che nelle storie dell’architettura gli interventi costruttivi ex novo siano quasi sempre tenuti distinti dagli interventi conservativi. 

Prospettiva fotografica dall’interno della ‘Chiesa di Vaccaro’ verso il loggiato d’ingresso. Si osservi la pavimentazione originaria in mattonelle di cotto, entro la quale spiccano i cerchi concentrici di pietra chiara che enfatizzano l’impianto centrico dell’edificio.
Il percorso di passaggio dal cortile delle monache alla ‘Chiesa di Vaccaro’
Il cortile delle monache con la ‘Torre Febronia’ fatta erigere dalla Badessa che le diede il nome, mediante il reimpiego di molti e pregevoli manufatti lapidei provenienti dal Mausoleo di Marcus Paccius Marcellus

In tutti i casi, si tratta infatti di immaginare, creare, ideare, selezionare, valutare, soppesare, verificare, controllare, etc. per giungere alla soluzione più convincente.

Il tutto fatto in maniera ‘critica’ (ovvero ‘giudiziosa’, se mi si consente), secondo l’insegnamento del famoso teorico Cesare Brandi, la cui eredità è tenuta viva dal professor Giovanni Carbonara che nel campo del restauro architettonico è un’autorità.

Ebbene, il restauro dell’Abbazia del Goleto, progettato e diretto come capo team dall’architetto Angelo Verderosa, può essere considerato esemplare per come dimostra di aver saputo valorizzare sapientemente il concetto della ‘riflessione critica’ in merito alle scelte tecniche ed estetiche che sono state compiute.

Altra immagine del cortile delle monache entro il quale s’erge possente la ‘Torre Febronia’

Conservazione rigorosa e innovazione cauta (talvolta integrativa) sono i poli dialettici sui quali il restauro recente dell’Abbazia del Goleto appare imperniato.  Un restauro che è stato anche un recupero funzionale, un ammodernamento impiantistico e tecnologico, un  riassetto degli ambiti fruitivi, che ha tenuto conto della primaria specificità del monumento che è quella di essere un palinsesto (in senso etimologico) di interventi eseguiti nel corso di una storia spesso funestata da rovinosi terremoti.

 

Ancora il cortile delle monache di cui si osservano, sulla sinistra, le pietre d’epoca romana inserite nella muratura della ‘Torre Febronia’

Ciò significa che si possono al contempo ammirare, tra le tante altre cose, i resti restaurati degli stucchi settecenteschi che coprivano le pareti della ‘Chiesa di Vaccaro, come pure i tetti (rifatti) di alcuni ambienti recuperati, che utilizzano semplici e ‘neutri’ artefatti lignei ‘moderni’. Molte e più precise informazioni tecniche sono comunque leggibili nelle pagine web dedicate al laborioso intervento. 

Altra immagine della parte esterna dell’abbazia, ove le mura di pietra a vista si relazionano all’antistante giardino di siepi e aiuole

Complimenti agli autori del restauro, ai finanziatori, agli attuatori del progetto integrato, e ai Piccoli Fratelli della Comunità Jesus Caritas, ispirata a Charles De Foucauld, che dal 1990 mantengono l’abbazia del Goleto in eccellenti condizioni di pulizia e decoro, rendendola un pregevole presidio di civiltà negli sconfinati paesaggi dell’Irpinia interna.

EMas (Emanuele Masiello) – Luglio 2020

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(per maggiori informazioni si veda il sito web: https://www.goleto.it/index.asp)