Andrea di Lazzaro Cavalcanti, detto il Buggiano, Ritrattro di Filippo Brunelleschi, modello plastico per il Monumento marmoreo di Brunelleschi (1447), collocato sulla parete sinistra del Duomo di Firenze
Qualche giorno fa ho appreso la notizia, per me sensazionale, che è stata ritrovata, dopo quasi sei secoli, una testa di terracotta raffigurante Filippo Brunelleschi (1377-1446), il famoso ingegnere, architetto, scultore, orafo, etc., autore della celeberrima Cupola del Duomo di Firenze, “ampla da coprire chon sua ombra tutti e’ popoli toscani” come ebbe a dire Leon Battista Alberti. Il ritrovamento è avvenuto fortuitamente, tra gli arredi dimenticati di una villa nei dintorni di Firenze, per merito degli storici dell’arte Giancarlo Gentilini e Alfredo Bellandi, ai quali va il mio convinto plauso per aver aver aggiunto un prezioso tassello alla conoscenza storica della vita e della fisionomia del celebre protagonista del primo Rinascimento.
A parere loro, l’opera è identificabile col modello preparatorio dell’imago clipeata del Monumento marmoreo di Brunelleschi (1447), collocato sulla parete sinistra del Duomo di Firenze, che fu eseguito, poco prima o subito dopo la morte del maestro, dal Buggiano (1412-1462). Pseudonimo dato ad Andrea di Lazzaro Cavalcanti, figlio del mezzadro del fratello di Brunelleschi, che fu scelto come figlio adottivo del maestro di cui divenne poi suo unico erede.
Andrea di Lazzaro Cavalcanti, detto il Buggiano, Ritrattro di Filippo Brunelleschi, modello plastico per il Monumento marmoreo di Brunelleschi (1447), collocato sulla parete sinistra del Duomo di Firenze
Si tratta di un ritratto che definirei di qualità eccellente, seppure un po’ acciaccato dal tempo, che richiama i pregi della ritrattistica romana antica, notoriamente intrisa di realismo e alla verosimiglianza. Brunelleschi è raffigurato mediante le fattezze di un uomo maturo, molto stempiato, con una bocca ben rimarcata e un bel naso prominente, da creanzato. Il tutto con un modellato sapiente e accurato, che dimostra la grande abilità raggiunta dal Buggiano come scultore (divenuto tale su spinta del padre adottivo), che riuscì a infondere al ritratto, con marcata vividezza, il carattere di una tempra morale forte e solida. Con ciò creando quasi una pietra miliare della ritrattistica d’abbozzo del suo tempo, che tanti spunti interpretativi potrebbe offrire ai cultori di fisiognomica, abili nel cogliere il carattere di una persona dalle fattezze del suo volto.
Andrea di Lazzaro Cavalcanti, detto il Buggiano, Monumento marmoreo di Brunelleschi (1447), collocato sulla parete sinistra del Duomo di Firenze
Se si osserva il calco facciale di gesso per la maschera mortuaria – realizzata dal Buggiano lo stesso giorno della morte del suo padre adottivo (15 aprile 1446) e conservata oggi al Museo dell’Opera del Duomo – si può essere alquanto certi che Brunelleschi, poco prima di spirare, avesse proprio l’aspetto visibile del modello ritrovato, per quanto vada considerato che un ritratto è sempre un’opera soggettiva, ed è quindi difficile che riesca a fissare l’esatta fisionomia di una persona, che del resto tende a mutare nel corso della vita.
Andrea di Lazzaro Cavalcanti, detto il Buggiano, Calco facciale di gesso per la maschera mortuaria di Filippo Brunelleschi (1446), Museo dell’Opera del Duomo di Firenze
Ad ogni modo, il ritrovamento della testa è da rubricarsi a mio parere come evento davvero di importanza eccezionale, per la storia dell’aspetto umano che ebbe uno dei massimi autori creativi d’ogni tempo, specie verso la fine della sua esistenza in terra, quand’ebbe finalmente raggiunto il trionfo incontrastato e strenuamente voluto, da protagonista assoluto, dopo però le tante tribolazioni che dovette affrontare per affermare il primato del suo geniale merito.
Masaccio vs Buggiano ?
Ma lo speciale interesse che ha destato in me la notizia del ritrovamento è legata al fatto che recentemente mi è capitato di recarmi in visita sui ponteggi del cantiere di restauro della Cappella Brancacci, nella Chiesa del Carmine in Firenze, e di soffermarmi sui ritratti pittorici, attribuiti a Masaccio, di quattro famosi artisti del primo rinascimento fiorentino: Brunelleschi appunto (1387-1446); Masolino da Panicale (1383-1440/47); lo stesso Masaccio (1401-1428); Leon Battista Alberti (1404-1472).
Masaccio, ritratti pittorici di personaggi che sono stati identificati (da sinistra), in: Masolino da Panicale, Masaccio stesso (con la sua folta chioma scura, mentre guarda lo spettatore), Leon Battista Alberti (biondo e serafico nel suo portamento altero) e Filippo Brunelleschi (volto ingrandito a destra, che mostra lineamenti delicati e il naso dal profilo lievemente concavo). Particolare dell’affresco con scene della Resurrezione del figlio di Teofilo e San Pietro in Cattedra, nel registro inferiore della parete sinistra della Cappella Brancacci, nella Chiesa del Carmine in Firenze
Ebbene, in quella visita restai non molto convinto che Brunelleschi potesse avere l’aspetto dipinto da Masaccio, in quanto al 1427c (data di esecuzione dell’affresco) egli avrebbe dovuto avere l’età di circa 40 anni, e quindi una presumibile fisionomia un po’ meno giovane rispetto a quella, invero alquanto delicata, visibile nell’opera pittorica.
Per curiosità, mi dedicai pertanto a qualche ricerca, che però non dette i frutti sperati giacché non trovai prove documentarie sul fatto che i personaggi raffigurati fossero proprio quelli identificati dalla vulgata storiografica. La qual cosa mi spinse a cercare altri ritratti dei suddetti artisti, per capire se effettivamente potremmo oggi figurarceli, quando erano in vita, come essi furono dipinti da Masaccio.
Appurai così che Brunelleschi aveva lineamenti tutt’altro che delicati, col naso non tanto esile e lievemente concavo ma prominente e convesso, quale era osservabile nel volto del citato monumento commemorativo esposto in Duomo. Che sarà assunto come fonte ispirativa dallo scultore Luigi Pampaloni, per la creazione della grande statua marmorea di Brunelleschi che guarda la Cupola (1835c), collocata in una nicchia del Palazzo dei Canonici in Piazza Duomo, ch’era stato da poco (1830) riconformato.
L’unico ritratto in cui Brunelleschi appare non totalmente dissimile dall’imago masaccesca della Cappella Brancacci è quello inserito accanto ad altri ritratti di insigni artisti fiorentini – Giotto, Paolo Uccello, Donatello, Antonio Manetti – in un quadro di autore ignoto, datato alla prima metà del XVI secolo, conservato al Museo del Louvre. In tempi nei quali la raffigurazione della realtà sensibile non poteva essere esattamente fedele, prima dell’ampia diffusione delle stampe da incisioni, non vi è comunque da sorprendersi sull’esistenza di tali discrepanze.
Autore anonimo, Cinque maestri del Rinascimento fiorentino: Giotto, Paolo Uccello, Donatello, Antonio Manetti, Filippo Brunelleschi, prima metà del XVI secolo, olio su legno, Parigi, Museo del Louvre. Il ritratto di Brunelleschi presenta vaghe somiglianze col personaggio identificato con Brunelleschi, dipinto da Masaccio nella Cappella Brancacci.
Oltre al suo pregio artistico, il modello di terracotta del Buggiano assume quindi il valore di documento probante del volto che ebbe realmente Brunelleschi verso la fine dei suoi giorni, nonché di opera dissipatrice dei dubbi che hanno animato per diverso tempo la mia curiosità, riguardo alla fisionomia che connotò l’esistenza in vita del maestro.
Al di là di tali digressioni, vorrei comunque cogliere l’occasione per ribadire, benché sia arcinoto, che Brunelleschi è stato un genio artistico davvero immenso, specie in architettura e ingegneria, come raramente è accaduto nella storia dell’umanità. Di recente, solo per dirne una, mi è capitato di rivisitare il Duomo di Orvieto e di osservare che le cappelle laterali, fuoriuscenti dalla piatta parete muraria, furono riprese da Brunelleschi per conferire maggiore risalto plastico alla Chiesa di Santo Spirito, in Firenze, benché il progetto non sia stato poi attuato come ideato dal maestro. Ciò dimostra quant’egli fosse distante dalla ripetizione di schemi usurati, in nome del valore speciale attribuito all’inventiva e alla sperimentazione. Del resto, ciò lo si può bene vedere nell’architettura della Firenze primo rinascimentale, di cui Brunelleschi fu il massimo artefice.
Giorgio Vasari e aiuti, [Filippo Brunelleschi (in ginocchio) e Lorenzo Ghiberti presentano il modello della Chiesa di San Lorenzo a Cosimo de’ Medici “il vecchio”], Affresco nella volta della “Sala di Cosimo” in Palazzo Vecchio, Firenze. Fotografia di Peter Horree 2017, © Alamy . La fisionomia facciale di Brunelleschi, visto di profilo, presenta vaghe somiglianze con quella della Cappella Brancacci, dipinta da Masaccio.
Altresì, mi è capitato di meravigliarmi per come abbia fatto Brunelleschi a costruire la Cupola del Duomo di Firenze, un’impresa tra le più ardite che mai ingegno umano abbia ideato e attuato, con una forza di volontà quasi eroica, riuscendo a far sì che gli operai lavorassero in sicurezza e senza precipitare dalle altissime quote, ove le vertigini non si può dubitare che mancassero. Basti dire che nei circa 20 anni di durata del cantiere, come attestano le fonti, si registrò un solo morto e otto feriti.
Devo comunque aggiungere, per finire, che la grandezza di Brunelleschi, come artefice consapevole del suo primato, in una realtà di potere dominata dalle invidie come quella fiorentina del tempo, si coglie anche nella tenacia che egli mise in campo per ottenere il giusto riconoscimento pubblico della sua genialità costruttiva, perfezionata con tanti studi, soprattutto pratici, e di svariati viaggi a Roma.
È “l’uovo di Brunelleschi” non “l’uovo di Colombo” !
A tal riguardo mi è rimasta impressa quella che Giorgio Vasari, nella biografia che gli dedica nelle Vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ nostri tempi (edizione Lorenzo Torrentino, Firenze 1550) definisce la “disputa dell’uovo”. Ossia l’episodio che solitamente è conosciuto come “l’uovo di Colombo”, riferito all’escogitazione di una soluzione semplice ma intelligente, che in realtà dovrebbe chiamarsi “l’uovo di Brunelleschi”.
Ludovico Cardi detto il Cigoli (1559-1613), Disegno della Cupola di Brunelleschi (datazione incerta)
Racconta infatti Vasari che al cospetto di tanti specialisti chiamati a Firenze da varie parti d’Italia e d’Europa, per un consulto sulla Cupola, fu chiesto a Brunelleschi di mostrare il modello che egli aveva tenuto gelosamente nascosto e di spiegare come egli avrebbe fatto a voltarla. Cosa che però, astutamente, Ser Filippo non volle fare, preferendo proporre ai maestri che “chi fermasse in sur un marmo piano un uovo ritto, quello facesse la cupola, che quivi si vedrebbe lo ingegno loro. Fu tolto un uovo, e da tutti que’ maestri provato a farlo star ritto, nessuno sapeva il modo. Fu da loro detto a Filippo ch’e’ lo fermasse, et egli con grazia lo prese e datoli un colpo nel culo in sul piano del marmo, lo fece star ritto. Romoreggiando gl’artefici che similmente arebbono fatto essi, rispose loro Filippo ridendo che egli averebbono ancora saputo voltare la cupola, vedendo il modello o il disegno ”.
Anche questo episodio denota l’avvedutezza dell’uomo, che per imporsi come unico e geniale artefice della Cupola riusci a liberarsi anche del cincischiante Lorenzo Ghiberti, che gli faceva ombra poichè sostenuto, vanamente, da alcuni maggiorenti in seno al consiglio degli Operai e dei Consoli dell’Arte della Lana (finanziatori del progetto). Forse senza volerlo, egli con ciò sancendo l’enorme valore di un principio che diverrà basilare per la cultura artistica rinascimentale, consistente nella piena affermazione dell’individualità creativa che gradualmente soppianterà la medievale coralità dei meriti e delle responsabilità (oggi si direbbe la “condivisione dei saperi”).
Luigi Pampaloni, Statua marmorea di Filippo Brunelleschi che guarda la Cupola del Duomo (1835c), collocata in una nicchia di Palazzo dei Canonici in Piazza Duomo a Firenze, a lato di quella di Arnolfo di Cambio, dello stesso autore, che guarda la pianta dell’insigne monumento religioso
Lo stesso dicasi per l’episodio, narrato anch’esso da Vasari, in cui Brunelleschi assunse la drastica decisione di licenziare in tronco un gruppo di operai, i quali avevano avuto l’ardire di essere dal suo punto di vista troppo esigenti. Costoro furono umiliati e riassunti al lavoro solo dopo vari mesi, però a paga ridotta, affinchè capisserro quanto fossero stati stolti nel pensare di riuscire ad ottenere ciò che avevano sperato ingiustamente.
Attenzione alla sicurezza degli operai sui cantieri, ferrea volontà di affermazione pubblica del suo genio incontrastato, insofferenza e intransigenza verso gli atteggiamenti corporativi meschini. Anche questi furono i pregi caratteriali dell’immortale Filippo Brunelleschi, effigiato nella testa di terracotta modellata dal Buggiano che, dopo l’acquisto per 300.000 euro e dopo il restauro, potrà essere ammirata nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, ov’è custodita la memoria storica dei monumenti che compongono la celebre triade religiosa della capitale toscana (Duomo, Battistero, Campanile).
EMas (EmanueleMasiello) – 26 maggio 2024
Autore anonimo (Scuola fiorentina del XVI secolo), Ritratto di Filippo Brunelleschi, olio su tavola (Casa d’Aste Pandolfini)
Autore anonimo, Ritratto di Filippo Brunelleschi, XVIIc secolo, olio su tela, Firenze, Galleria Corsi di Palazzo Bardini