RISTAMPATO ANASTATICAMENTE, DOPO QUASI UN SECOLO, UN PREGEVOLE LIBRO DI ROBERTO PAPINI SULL’ARCHITETTURA E LE ARTI DECORATIVE EUROPEE, CHE SI FA RIAMMIRARE PER IL RICCO APPARATO ICONOGRAFICO
Nell’Italia della prima metà del Novecento, Roberto Papini (Pistoia 1883 – Modena 1957) fu un eminente protagonista della cultura artistica nazionale. Egli si affermò professionalmente, oltre che per varie altre attività, come autore di tantissime pubblicazioni a stampa, tra cui spicca il libro Le arti d’oggi (1930) che costituì un’eccelsa sinossi critica dell’Europa del tempo.
Papini fu prevalentemente un critico d’arte, ossia uno scrittore operante nell’ambito della valutazione delle esperienze creative di cui si occupò. Inizialmente di quelle più disparate e anche remote nel tempo, in seguito di quelle più vicine agli anni della sua vita. Di queste ultime, Papini divenne un insigne studioso e comunicatore pubblico. Un faro per la conoscenza di ciò che avvenne in Italia, nei decenni tra l’apparire delle “avanguardie storiche”, il perdurare del regime fascista, la nascita della repubblica.
La critica d’arte era una disciplina molto cara al quasi coetaneo Lionello Venturi, che fu figlio di Adolfo Venturi ovvero della massima autorità in materia a cui Papini si rivolse per apprendere da giovane i segreti del mestiere.
Per quanto la si potesse denigrare, essa richiedeva notevoli abilità conoscitive e valutative, che Papini giunse a possedere a livelli molto alti, distinguendosi per la speciale bravura nel cogliere con vivida pregnanza le qualità salienti delle opere considerate. Inoltre, Papini affinò un linguaggio preciso e garbato, talvolta ironico e tagliente (come solo il linguaggio dei toscani spesso sa esserlo), che fu basilare per l’elaborazione di una scrittura che rendeva i suoi testi molto gradevoli da leggersi e da meditarsi.
Maestro dell’èkphrasis
In ciò Roberto Papini fu un autore davvero eccellente. Un sommo maestro dell’èkphrasis, ovvero dell’arte di descrivere l’arte, che riuscì a ergersi tra i tanti suoi colleghi che animavano il mondo della Kunstliteratur (la letteratura artistica) di cui il viennese Julius von Schlosser pubblicò nel 1924 la storia più autorevole.
Tra i vari fattori che concorsero alla specifica acculturazione di Papini, i numerosi viaggi in Italia e all’estero furono determinanti per rendere la sua visione del mondo tutt’altro che chiusa e provinciale. Essi valsero anche quali importanti occasioni per la raccolta delle fonti documentarie di prima mano che gli servivano per svolgere il suo lavoro al meglio. Specie le fonti iconografiche (in primis fotografie, ma pure disegni, etc.) ebbero valore primario quale supporto visivo agli scritti di Papini, il quale ne accumulò talmente tante da costituire un patrimonio tra i più ricchi in Italia.
Come accennato, Papini non si distinse solo come critico d’arte. Egli operò altresì come curatore e catalogatore museale, consulente per l’acquisto di arredi e la selezione di opere da esporre, docente universitario, conferenziere, polemista e suscitatore di dibattiti, etc. Ciò facendo, la sua influenza complessiva fu estesa e percepibile nell’avvicendarsi delle tendenze estetiche che prevalsero nell’Italia del tempo.
Gradualmente, i suoi interessi si orientarono tuttavia verso l’architettura e le arti decorative, che divennero per Papini, negli anni della maturità e oltre, gli ambiti privilegiati delle sue ricerche e delle sue attività comunicative.
Cronista di architettura
Come ha ben evidenziato Rosario De Simone (si veda il libro: Cronache di architettura 1914-1957 \ Antologia degli scritti di Roberto Papini, Edifir, Firenze 1998), la quantità e qualità degli apporti forniti dal critico di origini toscane alla cultura architettonica italiana fu davvero elevata e significativa. L’opinione di De Simone è attendibile giacché egli ha studiato a lungo i documenti del “Fondo Papini“, che fu donato nel 1972 dalla vedova Livia de Kuzmick, per intercessione di Giovanni Klaus Koenig, alla Biblioteca della Facoltà di Architettura di Firenze, dove il maestro aveva insegnato “Storia dell’arte e stili dell’architettura” e “Caratteri stilistici e costruttivi dei monumenti”. Papini può quindi essere considerato anche l’iniziatore della filiera di docenti che insegnarono “Storia dell’architettura” a Firenze, i quali crearono non certo una scuola ma piuttosto varie tendenze disciplinari.
L’architettura poteva comunque essere arricchita con le arti complementari più diverse. Ovvero con le ‘arti decorative’ (molto simili alle arti ‘applicate’), ritenute idonee ad estetizzare gli ambienti di vita delle persone. L’importante esperienza viennese della Wiener Werkstätte, sulla scia della Secession e dell’Art Nouveau, aveva del resto dimostrato che le arti decorative e applicate potevano avere un valore precipuo nel favorire il miglioramento del gusto estetico e nel declinare nei modi più vari le esigenze di modernità.
In effetti, la decorazione non scomparve affatto dalla scena architettonica del tempo, nonostante gli anatemi emessi dai radicalismi asettici e misornamentali.
Collaborando per lungo tempo al periodico “Architettura e Arti decorative”, pubblicato dal 1921 dalla casa editrice Bestetti e Tumminelli (che ebbe sede sia in Milano sia in Roma), Papini divenne uno dei maggiori esperti in materia. Forse persino più documentato di Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini, due mostri sacri della cultura architettonica del tempo. I quali, come direttori della rivista, le conferirono un pregio tale da indurre il Sindacato Nazionale Architetti (tipica istituzione fascista) a farla diventare dal 1927 proprio organo ufficiale, nel cui status rimase anche quando mantenne il più asciutto titolo di “Architettura” fino al 1932.
Le arti d’oggi
Per un insieme di circostanze favorevoli, Roberto Papini si trovò quindi nella condizione privilegiata di poter pubblicare, nel 1930, un libro straordinariamente ambizioso, a cui è dedicato questo post, che fu intitolato Le arti d’oggi \ Architettura e arti decorative in Europa.
Col suo corredo di ben 808 immagini fotografiche fuori testo (di cui alcune a colori), il volume costituì un impresa editoriale davvero mirabile per l’Italia dell’epoca, che dette ancor più lustro agli editori Bestetti e Tumminelli. Il volume fornì infatti un’amplissimo panorama sia dell’architettura sia delle tante arti decorative (incluse le ‘minori’) ritenute lo specchio dei livelli di civiltà raggiunti dai popoli europei: interni e mobili; metalli; ceramiche; vetri; merletti, ricami, tessuti, carte stampate e cuoi. Le arti ‘belle’ (pittura e scultura) furono volutamente ignorate in quanto esulanti dal tema.
Solo il libro dell’amico Marcello Piacentini, intitolato Architettura d’oggi e pubblicato nello stesso 1930 dall’editore romano Paolo Cremonese (ristampa anastatica: Libria, Melfi 1994), poteva forse competere con quello di Roberto Papini, quanto ad ambizione culturale e a dimostrazione della capacità di saper ben valutare in Italia il senso delle esperienze straniere. Ma esso non trattava di arti decorative.
Il volume di Papini aveva comunque un impianto più sistematico. Inoltre, privilegiava al massimo grado l’impatto visivo delle immagini fotografiche, che costituivano un’autentica estasi per gli occhi. Godibilissime erano le didascalie, stringate e calzanti, che confermavano la raggiunta maturità dell’autore nel saper cogliere gli aspetti precipui delle opere illustrate, mediante un’arte descrittiva tutt’altro che banale o scontata.
Le arti d’oggi non fu quindi un libro di tendenza, settario o ideologico, ma un libro ‘inclusivo’ che dell’Europa intendeva fornire un panorama ampio e variegato, iconograficamente sontuoso, non convenzionale e non appiattito su giudizi corrivi, negli anni in cui la modernità tendeva ad essere interpretata nei singoli Paesi europei in forme eterodosse.
La lettura di Universa è molto interessante per comprendere la visione estetica che Papini aveva maturato in quegli anni. E lo è altrettanto per ampliare le conoscenze sul tema delle divagazioni utopiche che hanno segnato tanti periodi storici dell’architettura e dell’urbanistica, inclusi i più recenti. Non escludo quindi di dedicare in futuro all’argomento una trattazione a parte in questo sito web.
Papini immagina la sua città ideale come emblema di una modernità garbata e misurata, costituente una sorta di vertice equilibrato tra la modernità radicale ed eccessiva da una parte e il passatismo loffio e stantìo dall’altra. In ciò, il senso di aurea mediocritas riflette i valori di una cultura sensibile alle innovazioni e all’inventività, ma non schiava dell’arbitrio e dell’inseguimento di mode fugaci. Che tale posizione fosse destinata a soccombere negli anni successivi, quando tra le avanguardie radicali dei ‘novatori’ e le retroguardie dei più tradizionali ‘passatisti’ il fascismo finì per votarsi alla romanitas monumentale, era difficilmente prevedibile.
Il grande merito del libro consisteva comunque nell’aver posto al centro dell’attenzione, sinotticamente, l’Europa. Ovvero l’insieme dei tanti Paesi (alcuni di nuova formazione come la Polonia e la Cecoslovacchia) che all’epoca disegnavano la geografia di un continente che stava riprendendosi dalla guerra e che, malgrado le differenze al suo interno, mostrava valori estetici confrontabili e talvolta di orientamento comune. Anche per questi motivi, il libro di Papini è tra i primi che ho pensato di inserire nella categoria “fonti primigenie” di questo sito web.
Dopo la caduta del fascismo e i cambiamenti delle preferenze estetiche, fu quasi inevitabile che il volume divenisse anacronistico, legato com’era alla messa in valore di stili e gusti che apparivano superati. Era quindi diventato ormai impossibile trovarlo in commercio ed era molto difficile consultarlo nelle biblioteche, considerata la sua rarità, trattandosi comunque di un tomo che richiedeva speciali autorizzazioni per essere visionato.
Ristampa anastatica
E’ stata quindi molto lodevole l’iniziativa di Mario Ciampi, titolare della casa editrice Verba Volant, di ripubblicare nel 2005 in versione anastatica il pregevole libro di Roberto Papini. Che pertanto è tornato a rendersi riscopribile e riammirabile, quale opera a stampa che offre ancora oggi, a quasi un secolo dalla sua apparizione, il succoso piacere di sfogliare pagina dopo pagina le tante impeccabili immagini delle architetture e degli artefatti decorativi che all’epoca attestarono gli alti livelli raggiunti dalla civiltà europea nella costruzione del proprio mondo estetico.
EMas (Emanuele Masiello) – 10 aprile 2021
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Roberto Papini, Le arti d’oggi \ Architettura e arti decorative in Europa, Casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli, Milano Roma 1930 (ristampa anastatica: Verba Volant, London 2005)
Vedasi anche: Cronache di architettura 1914-1957 \ Antologia degli scritti di Roberto Papini, a cura di Rosario de Simone, Edifir, Firenze 1998
NB – Ove non diversamente specificato, le immagini provengono dal libro Le arti d’oggi