UN BREVE EXCURSUS SULLE VICENDE CHE HANNO SEGNATO LA STORIA DI UN FAMOSISSIMO LUOGO DI CULTO, AL CENTRO DI SECOLARI E ANCORA ATTUALI DIATRIBE RELIGIOSE

La città vecchia di Gerusalemme e l’area del Monte del Tempio o Spianata delle Moschee (sulla destra) in una fotografia aerea del 2014

Può essere utile, in questi giorni in cui si riaccendono le tensioni tra Ebrei e Palestinesi, cogliere l’occasione per rievocare alcuni fatti storici riguardanti il Monte del Tempio o la Spianata delle Moschee, nella città vecchia di Gerusalemme, che designano entrambi come toponimi un luogo tra i più sacri al mondo (il Nobile Santuario o al-Haram al-Sharif).

In Italia e nei Paesi arabi si usa più spesso la locuzione Spianata delle Moschee, mentre in Israele e in altri Paesi prevale la locuzione Monte del Tempio. In ambedue i casi, ciò che si identifica è la sommità del Monte Moriah, su cui fu edificato il più grande e importante santuario della religione ebraica, nonché, successivamente, uno dei più importanti santuari della religione islamica.

Insieme ai dati archeologici che sono esigui e di contrastata implementazione, una fonte storica molto autorevole per conoscere le vicende antropiche più remote è ritenuta la Bibbia, secondo la quale il primo Tempio ebraico di Gerusalemme fu fondato da re Salomone, figlio di re David, negli anni 967-960 aC.

Plan-relief de Jérusalem et de ses environs, D’après les plans de Wilson, Schick, V.Guérin, etc., Construit par Ch. Muret (…), 1885

Il sovrano avrebbe conferito all’edificio l’aspetto di un sontuoso complesso architettonico, rimasto tale fino alla sua distruzione (nel 586 aC) da parte del re babilonese Nabucodonosor II (quello del famoso Nabucco di Giuseppe Verdi). La ricostruzione non tardò comunque a compiersi, e fu attuata negli anni 535-515 aC nello stesso sito ove sorgeva il tempio precedente.

Si trattava di un pianoro delimitato a est dalla scoscesa valle del torrente Cedron o Kidron (poi di Josafat), i cui ripidi pendii rendevano molto ardua la salita al monte.  A ovest vi era la meno profonda valle del Tyropoeon che costituiva comunque anch’essa un elemento di confine dell’area scelta dagli Ebrei per le funzioni religiose. Più a sud, la valle scavata dal torrente Hinnom (la Geenna), aggirava il Monte Sion e si univa alla valle del Cedron, con cui segnava l’idrografia primaria di Gerusalemme.

 

Il complesso più imponente di Gerusalemme

Re Erode il Grande, durante l’appartenenza della Giudea all’Impero Romano, apportò notevoli modifiche e ampliamenti al Tempio. Riconformando l’intero complesso che negli anni 19aC-64dC, grazie anche all’opera dei successori, assunse le fattezze architettoniche che possiamo immaginare dal grande plastico (iniziato nel 1966) che campeggia attualmente all’aperto nel Museo di Israele in Gerusalemme.

Grande plastico del Tempio di Erode e della città di Gerusalemme esposto all’aperto nel Museo di Israele in Gerusalemme

Il maggiore sito religioso per gli Ebrei era costituito da un vasto recinto di forma rettangolare, ovvero un temenos o Corte dei Gentili, delimitato da rettilinei portici colonnati e trabeati, chiusi esternamente da alte mura (ancora oggi visibili in lunghe parti basamentali). All’interno del recinto era collocato il nucleo più sacro, ovvero il Tempio vero e proprio, anch’esso chiuso da mura turrite che ne impedivano l’accesso a chiunque.

Plan of the Sacred Enclosure (Herod’s Temple), Jerusalem (da www.alamy.com, Image ID: FBCR1R)

Dalle descrizioni di Giuseppe Flavio, autore cui si devono nella seconda metà del I secolo aC opere fondamentali per la storia dei Giudei, sappiamo che le mura del Tempio avevano quattro porte a nord, quattro porte a sud, due porte a ovest, una porta a est. Superate le quali, si aprivano la Corte delle Donne a est e la Corte dei Sacerdoti a ovest. In quest’ultima, vi era un grande altare all’aperto e si ergeva l’edificio più alto, la cui sala interna posta più in profondità, accessibile al solo sommo sacerdote nel giorno dello Yom Kippur, coincideva col Santo dei Santi, ovvero col Sanctum (o Sancta) Santorum. Essa custodiva l’Arca dell’Alleanza (una cassa di legno dorato in cui erano conservate le Tavole della Legge, una ciotola di manna, la verga fiorita del sacerdote Aronne).

Pur non avendo esatta contezza di quali siano stati i caratteri architettonici del Tempio, si osserva che le tante ricostruzioni ipotetiche tendono a conferirgli una conformazione rigidamente assiale e simmetrica, poco topomorfica, comunque coerente con l’assetto generale di quello che all’epoca era il complesso più imponente di Gerusalemme. Il cui impatto visivo doveva risultare fortissimo in quanto era posto su una piattaforma artificiale, ascritta anch’essa a Erode il Grande, ottenuta mediante l’ulteriore spianamento della sommità del Monte Moriah e il rafforzamento delle possenti mura di sostruzione.

David Roberts, Assedio e distruzione di Gerusalemme nell’A.D. 70, olio su tela, 1850 (luogo di conservazione ignoto dal 1961)

A seguito della sua distruzione nel 70 dC da parte del comandante romano Tito, sotto l’imperatore Vespasiano (69-79), del Tempio ebraico di Gerusalemme non restò che la memoria da coltivare e da tramandare, oltre a un breve tratto del muro occidentale. Che fu chiamato Muro del Pianto, in quanto su di esso si versarono le lacrime degli Ebrei che ivi si recavano a pregare. Con l’imperatore Adriano, intorno al 135 dC, le prospettive parvero persino peggiori, giacché sulla spianata del Monte Moriah fu edificato un tempio dedicato al dio Giove (dell’Olimpo greco-romano), che ignorava apertamente la memoria del dio ebraico Jahvè. La stessa città di Gerusalemme fu ridotta al rango di colonia, Aelia Capitolina, e la provincia di Giudea scomparve dalla geografia del tempo per essere soppiantata dalla Siria Palestinese (che fu chiamata in seguito semplicemente Palestina).

L’area del Monte del Tempio era ed è tuttora considerata per vari motivi la più sacra al mondo per gli Ebrei, i quali ritengono che per la Legge della Torah dovrebbe essere addirittura interdetta ai visitatori.   Stando agli esegeti della Bibbia, in essa sarebbe infatti avvenuta la creazione di Adamo ed Eva, ovvero del primo uomo e della prima donna ad aver popolato la terra.  Inoltre, in essa si troverebbe la templare Pietra di Fondazione, su cui fu collocata l’Arca dell’Alleanza. Altresì, dall’area spunterebbe la roccia ritenuta coincidente col luogo dove, secondo la Bibbia, sarebbe stato sul punto di compiersi il sacrificio del piccolo Isacco da parte del padre Abramo, fermato all’ultimo istante da un angelo inviato da Dio.

Le formelle di Lorenzo Ghiberti (a sinistra) e di Filippo Brunelleschi (a destra) di partecipazione al concorso del 1401 per la porta nord del Battistero di Firenze (Museo dell’Opera del Duomo di Firenze)

L’episodio di Abramo ed Isacco ha un’importanza notevole per la storia dell’arte. Basti dire che per Giulio Carlo Argan, insigne studioso che fu anche sindaco di Roma, la sua rappresentazione in occasione del concorso del 1401, per la porta nord del Battistero di Firenze, avrebbe segnato lo spartiacque tra declinante sensibilità medievale e incipiente sensibilità rinascimentale. Filippo Brunelleschi, nella sua proposta di formella, avrebbe colto l’attimo in cui l’angelo ferma la mano di Abramo nell’atto di sacrificare suo figlio Isacco, dimostrandosi uomo di sintesi e perciò moderno. Lorenzo Ghiberti avrebbe più indugiato sui particolari, sull’aneddotica, sulla grazia compositiva, restando di fatto più legato al passato. Ghiberti tuttavia si aggiudicò il concorso e realizzò l’opera (1401-1424). La qual cosa potrebbe ritenersi a posteriori una vera fortuna, visto i risultati che ottenne Brunelleschi dedicandosi in seguito quasi del tutto all’architettura.

Planimetria della chiesa del Santo Sepolcro ai tempi dell’imperatore Costantino

Durante il periodo in cui in Gerusalemme si affermò il Cristianesimo, in città comparvero le prime chiese. La più importante fu quella del Santo Sepolcro (335c), fatta costruire dall’imperatore romano Costantino il Grande e da sua madre Elena, ritenuta autrice della scoperta della Vera Croce. La basilica Costantiniana aveva un impianto longitudinale, che si concludeva con la rotonda della Anástasis (Resurrezione), una costruzione posta esattamente sul luogo ove si stabilì che fosse stato sepolto Gesù, il Messia ebraico che sarebbe entrato nel Tempio, venendo dai Getsemani, passando per la Porta Dorata. E’ importante riferire che sulla rotonda si ergeva una cupola di circa 20 metri di diametro, che servì da riferimento per le successive costruzioni islamiche.

Anche nell’area del Monte del Tempio fu costruita una chiesa cristiana, dedicata alla Vergine Maria. A dimostrazione che col passaggio dall’Ebraismo al Cristianesimo la spianata del Monte Moriah non smise di continuare a mantenere una certa importanza religiosa, per quanto attenuata dalla crescente attrattiva spirituale ed artistica del Santo Sepolcro.

La cultura islamica

Dopo la conquista islamica di Gerusalemme (637) a opera del condottiero Omar, l’area del Monte del Tempio accrebbe ancor più il suo valore sacro, in quanto da una roccia ivi affiorante si affermò nel Corano che fosse avvenuta l’ascensione al cielo del profeta Maometto. L’episodio originò la costruzione della Cupola della Roccia (687-691), ovvero di un mausoleo o santuario che fu uno dei primi capolavori architettonico-artistici della cultura islamica, dovuto al califfo Omayyade Abd al-Malik ibn Marwan che s’avvalse di maestranze bizantine.  L’edificio si distinse per l’emergente cupola su tamburo cilindrico, dimensionata su quella del Santo Sepolcro, intorno alla quale due ambulacri concentrici formavano un perimetro ottagonale. Le pareti esterne ed interne erano uno stupendo annuncio di ciò che sarebbe diventata nei secoli l’arte islamica, profusamente ornata e policroma, al pari di come lo erano le pareti della più piccola e vicina Cupola della Catena, che si ritiene costruita qualche anno prima dal medesimo califfo.

Carl Haag, La Sacra Roccia (o Pietra di Fondazione) all’interno della Cupola della Roccia, acquerello policromo, 1859

 

Carl Haag, Gli ambulacri della Cupola della Roccia, acquerello policromo, 1859

Senza dubbio, e mi si consenta la digressione, il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, artefice della sua magnifica residenza di Sammezzano, non lontana da Firenze, colse nel segno opinando insieme a tanti altri orientalisti che l’arte islamica fosse superiore a quella cristiana in quanto, non potendo essa rappresentare le figure umane o di animali, aveva sviluppato a livelli sopraffini la decorazione basata sull’intreccio e l’accostamento di motivi geometrici, vegetali, etc.

La Cupola della Roccia vista da nord-ovest

 

La Cupola della Roccia con l’antistante Cupola della Catena

 

La sfavillante decorazione policroma delle superfici interne della Cupola della Catena

 

Un angolo della lastricata piattaforma superiore su cui si erge la Cupola della Roccia

La Cupola della Roccia fu collocata su una piattaforma lievemente rialzata, accessibile da varchi con arcate che rendevano ancora più tangibile ai fedeli il passaggio entro una dimensione sacralizzata.  La doratura esterna della cupola, secondo alcune fonti, risalirebbe a tempi molto antichi e sarebbe stata restaurata da Saladino, il sultano Ayyubide che nel 1187 riconquistò Gerusalemme, cacciando i Cristiani giunti in Terra Santa dall’Europa con le Crociate. Secondo altri fonti, essa è invece molto più recente, essendo ascrivibile ai restauri eseguiti nel 1959-64 da re Hussein di Giordania, il sovrano hashemita che ha in custodia i luoghi santi in Gerusalemme per il tramite di una waqf (fondazione pia) che li amministra.

La Cupola della Roccia vista dalle pendici del Monte degli Ulivi

Comunque sia, ammirarla nella mattina di una soleggiata giornata primaverile dalle pendici del Monte degli Ulivi, mentre si staglia nitida e lucente nello scenario unico della città di Gerusalemme, è una delle emozioni visive più intense che mi sia capitato di provare nella vita. E di ciò sono grato a monsignor Giovanni Sassolini, sapientissimo duce spirituale e culturale.

La grande moschea di Al-Aqsa

Con la costruzione agli inizi dell’VIII secolo, sul margine meridionale della piattaforma creata da Erode, della grande moschea di Al-Aqsa, più volte trasformata fino al raggiungimento del suo aspetto attuale, a pianta longitudinale con portico antistante, l’area iniziò ad assumere il suo assetto definitivo. Integrato da altre opere commemorative, quali la Cupola dell’Ascensione, restaurata intorno al 1200 dagli Ayyubidi, e da opere complementari quale la fontana Al-Kas (la Coppa) per le rituali abluzioni, ingrandita intorno al 1327 dai Mamelucchi.

La fontana Al-Kas (la Coppa) per le abluzioni rituali prima della preghiera, con la Cupola della Roccia sullo sfondo

Fatti salvi i periodi non lunghi durante i quali Gerusalemme fu dominata dai Crociati e l’area fu controllata dai Cavalieri Templari che si insediarono in Al-Aqsa e convertirono in chiesa la Cupola della Roccia, la Spianata delle Moschee, come iniziò ad essere chiamata, restò da allora per molto tempo sotto il controllo islamico.  Il che significò che non furono apportate modifiche rilevanti ai caratteri che nell’area si erano incentrati sul pregevole episodio della Cupola della Roccia, che continuò a restare il protagonista assoluto dei valori architettonici e percettivi che ivi andavano sedimentandosi.

Nemmeno l’edificazione  a opera dei Mamelucchi del quartiere sul lato ovest della Spianata, previo riempimento della valle del Tyropoeon, apportò al contesto modificazioni tali da inficiare la preminenza visiva della Cupola della Roccia. Che trasse enorme beneficio dal sorgere in posizione isolata, al centro di una spianata, ove il senso del sacro aveva inibito per secoli l’attività costruttiva. Solo i minareti introdussero qualche elemento di interferenza, senza però stravolgere la fisionomia dei luoghi che la cultura islamica aveva definito, rimodellando l’aspetto del sito.

La Cupola del Profeta, a sinistra, e la più grande Cupola dell’Ascensione, a destra

Anche dopo la conquista della città da parte degli Ottomani (nel 1517), i modesti interventi integrativi (quali cisterne, ulteriori cupole, lastricature, etc.) ebbero il merito di preservare i pregi estetici e costruttivi della Spianata delle Moschee.  La ricostruzione delle mura (1538-41), a opera del sultano Solimano il Magnifico, contribuì anzi a ridefinire e precisare la fisionomia urbana di Gerusalemme, anche in funzione della trasmissione di nuovi valori comunicativi della sua immagine.

Civitas Iherusalem, Veduta a volo d’uccello da: [Bernhard von Breydenbach] Peregrinatio in Terram Sanctam, 1486 (http://www.metmuseum.org/art/collection/search/338300)
Hierosolyma Urbs Sancta, Veduta a volo d’uccello da: Civitates Orbis Terrarum, a cura di Georg Braun e Frans Hogenberg, vol. 2 ed. 1597 (https://sanderusmaps.com/our-catalogue/antique-maps/asia/holy-land/jerusalem-by-georg-braun-and-frans-hogenberg-27269). E’ ben evidente l’importanza visiva che ha, entro la cinta muraria ricostruita da Solimano il Magnifico, la Spianata delle Moschee (ex Monte del Tempio), su cui si erge predominante la Cupola della Roccia.

Lo attestano le tante vedute di Gerusalemme che, avendo come punto di osservazione privilegiato il Monte degli Ulivi, evidenziano quasi sempre la Spianata delle Moschee e la Cupola della Roccia quali opere fortemente identificative dell’intera immagine urbana. La parte per il tutto si direbbe, in un rapporto fondato più che altrove sulla persistenza dell’uso dei luoghi.

Il cimitero musulmano a ridosso delle mura a est di Gerusalemme

Le mura, in tale contesto, accentuano la percepibilità dell’immagine, soprattutto verso la valle del Cedron dove esse paiono stagliarsi nitide e robuste, protette alla base dai sepolcri di un cimitero musulmano.

Anche le prime fotografie, scattate a partire dagli anni ’40 dell’Ottocento, immortalano di preferenza i monumenti islamici che, agli occhi degli occidentali, tanta fama storica e religiosa avevano acquisito.  Esse sono preziose in quanto illustrano lo stato dei luoghi quale appariva al tramonto dell’impero Ottomano, quando la frequenza dei viaggi e dei resoconti si intensifica, accompagnando i progressi del nuovo mezzo di comunicazione iconografica.

Fotografie della Spianata delle Moschee scattate durante la dominazione degli Ottomani dal britannico Francis Bedford nel 1862 (https://www.rct.uk/collection/2700932/the-mosque-of-omar-from-the-governors-house-mosque-of-the-dome-of-the-rock)

La situazione non subì sostanziali mutamenti durante il Mandato della Palestina (1920-1948), affidato dalla Società delle Nazioni all’Impero Britannico, che dominò gli scenari politici della regione.  In tale periodo tuttavia, con l’espandersi del Sionismo come ideologia e con lo stanziarsi di molti coloni ebrei, che acquistarono terre iniziando a credere nella possibile creazione di un nuovo Stato di Israele, le tensioni con i palestinesi tesero ad riacuirsi.

L’attualità 

Durante la divisione di Gerusalemme tra gli Stati di Israele e Giordania (1948-67) la Spianata delle Moschee continuò  a restare comunque protetta da eventuali rischi di danneggiamenti, rafforzandosi vieppiù il convincimento che essa fosse da considerarsi quasi intangibile per il suo enorme valore storico-religioso.

La passerella di legno sopraelevata che conduce dalla piazza del Muro Occidentale alla Spianata delle Moschee

Per ragioni di sicurezza oggi non è consentito a chiunque il libero accesso all’area della spianata, controllata dal 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, dai militari israeliani. I quali aprirono, nell’intricato quartiere di origini mamelucche, la grande piazza davanti al Muro del Pianto.   Da cui oggi si diparte un percorso obbligato per turisti che conduce, per poche ore al giorno, mediante una passerella di legno sopraelevata, ad ammirare da vicino la Cupola della Roccia e i luoghi sacri islamici che sono diventati tali su quelli che furono a loro volta i luoghi sacri ebraici.

Il Muro del Pianto e la piazza antistante, con la Cupola della Roccia sullo sfondo, in una fotografia del 2012

Cosicché, recandosi in visita alla Spianata delle Moschee, non si può fare a meno di restare stupiti nel vedere come tantissimi fedeli di due religioni tra le maggiori al mondo, si trovino in Gerusalemme a vicinissimo contatto fisico, pur non tangendosi.

Il Muro del Pianto in una fotografia del 2014

Ho già accennato, in un mio scritto su Santa Sofia in Istanbul, come talvolta il sopraggiungere di nuovi poteri religiosi abbia comportato l’alterazione grave e invereconda di famosi monumenti preesistenti.

Molto nota è la vicenda della costruzione (1523-1609) della Capilla Mayor ovvero della cattedrale cattolica di Cordoba, in Andalusia, che comportò la pesante vulnerazione dell’integrità spaziale della grande moschea, che era stata il frutto architettonico più ammirevole, in Europa, della dominazione islamica.

Mappa che evidenzia la possibile localizzazione del Tempio ebraico di Erode, in nero, in rapporto alla attuale localizzazione degli edifici islamici, in rosso  (da: https://themitzvahproject.org/wp-content/uploads/2014/01/photo8.jpg)

Qualcosa di concettualmente analogo, mutatis mutandis, potremmo dire che sia accaduto nel caso del grande Tempio ebraico di Gerusalemme, sul cui sostrato di macerie è stata eretta la Cupola della Roccia e sono stati eretti gli altri edifici islamici che hanno conferito al sito la fisionomia di Spianata delle Moschee. 

Ciò non fa altro che confermare, come è risaputo, che le sedimentazioni e i palinsesti costituiscono i valori precipui delle città storiche, dove i fatti costruttivi si contendono spesso diacronicamente l’uso dei luoghi più ambìti.

Quando ci capiterà di sentire ancora parlare del riaccendersi delle tensioni sulla Spianata delle Moschee o sul Monte del Tempio, spero quindi che avremo qualche cognizione in più per riflettere sulla storia religiosa e sugli eccezionali valori architettonico-artistici che da questo luogo, unico al mondo, promanano da secoli.

 

 

EMas (Emanuele Masiello) – Maggio 2021

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