QUALCHE CONSIDERAZIONE CONTRARIA ALLA DECISIONE DI ABBATTERE L’EX PANIFICIO MILITARE DI FIRENZE, CHE NON MERITA DI SCOMPARIRE DAL PAESAGGIO URBANO DI CUI HA SEGNATO PER DECENNI LA FISIONOMIA
A quanto si apprende, sarebbe imminente la distruzione dell’ex Panificio Militare di Firenze, in Via Mariti, condannato a scomparire per sempre dal paesaggio cittadino. L’attuazione del progetto, approvato qualche tempo fa, parrebbe infatti in procinto di compiersi e le ruspe forse stanno già scaldando i motori per radere al suolo il vetusto compoud, che cederà il posto a un nuovo centro commerciale.
Da quando ho saputo che l’ex Panificio Militare sarebbe stato distrutto, ancora non sono riuscito a capacitarmi di come sia stato possibile prendere una decisione che, di fatto, arrecherebbe un pesante vulnus al patrimonio culturale fiorentino. Non mi ero mai spinto a temere che potesse scomparire un complesso edilizio che ho sempre considerato interessante e visivamente attrattivo quando mi è capitato di passare dalle sue parti. Eppure, a quanto pare, a Firenze ormai tutto è possibile.
Varie persone sono convinte che l’ex Panificio Militare non possegga alcun valore storico o estetico e, pertanto, che sia giusto demolirlo. A tal proposito, mi permetto innanzitutto di invitare costoro a leggere (o rileggere) quanto scritto a cavallo tra XIX e XX secolo dal noto storico dell’arte Alois Riegl, esponente della Scuola di Vienna, sui molteplici valori che possono essere attribuiti ai monumenti e alle opere antropiche in generale.
Seppure dismesso da tempo e lasciato per decenni in penoso stato di abbandono, l’ex Panificio Militare è infatti una testimonianza storico-edilizia di notevole valore estetico e costruttivo, che non merita di essere eliminata senza riguardo per essere poi rimpianta, come è facile prevedere, subito dopo la sua sparizione. Del resto i valori a cui mi riferisco appaiono rilevabili anche mediante la semplice percezione visiva. Proverò quindi a spiegare per quali motivi ritengo che l’opera, conosciuta anche col nome di Caserma Generale G. Guidobono, debba essere salvata dalla demolizione, potendo benissimo essere destinata ad altri usi compresi quelli commerciali che sono i più desiderati.
L’ex Panificio Militare, costituito da un insieme di edifici diversi, racchiusi entro il sedime di un intero isolato urbano, ha un valore innanzitutto storico, giacché per la funzione che risulta aver svolto a livello nazionale (quella di fornitura di prodotti da forno per le forze armate) è rimasto in Italia un complesso unico nel suo genere. In quanti hanno sentito parlare di imponenti panifici militari ancora esistenti in altre città italiane ?
Il valore storico è attestato anche dall’importanza che l’ex Panificio Militare ha avuto, quale insediamento generatore, nella formazione del quartiere urbano entro il quale il complesso è attualmente collocato. Come dimostrano i documenti cartografici acclusi a questo scritto, il complesso edilizio, che sarebbe stato completato nel 1933, fu il primo grande insediamento a sorgere nello spicchio di area alla confluenza del Torrente Terzolle nel Torrente Mugnone, a nord-ovest di Firenze. Lo stesso orientamento di Via Giovan Filippo Mariti, da sud-ovest a nord-est, fu determinato dall’assetto planimetrico conferito alla grande Caserma Guidobono, che restò per decenni la più importante presenza edilizia nell’ambito del quartiere che gradualmente prese forma intorno ad essa. Si può quindi fondatamente parlare di primario valore identitario assunto dal polo militare nella genesi antropica del contesto circostante.
Nell’area densamente edificata lungo Via Mariti (dal Torrente Mugnone fino a Piazza Dalmazia per intendersi), l’ex Panificio Militare è del resto ancora oggi l’emergenza architettonica (non residenziale) di maggiore attrazione visiva. Distinguendosi non solo per l’aspetto formale dei suoi fabbricati principali, ma anche per l’insolito fatto che occupa un intero isolato urbano, includente un ampio resede cintato destinabile a usi pubblici.
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Riguardo ai valori più specificamente architettonici, mi limito a dire che l’ex Panificio Militare, in tutta l’area fiorentina, è un’insigne testimonianza della transizione stilistica dal tardo storicismo eclettico alla fase più ‘moderna’ e funzionale dell’estetica costruttiva che finì per prevalere intorno alla metà degli anni ’30 del secolo scorso. In certe soluzioni, quali l’attico e le alte lesene lineari della costruzione che emerge più alta delle altre, si rinvengono persino echi della Wagnerschule che a Firenze sono molto rari. Ciò che più conta, non sono però i dettagli stilistici che pure si colgono, ma i valori d’insieme che la composita compagine edilizia, quantunque dismessa da tempo, tutt’ora evidenzia.
In sintesi, direi che l’ex Panificio Militare è un’opera che non raggiunge le vette qualitative di altre celebri architetture fiorentine costruite nello stesso periodo o poco dopo – la Stazione di Santa Maria Novella, la Scuola di Guerra Aerea, la Manifattura Tabacchi, etc. Ciononostante, esso possiede una sua palese dignità estetica e costruttiva, non solo di tipo testimoniale, meritevole di non essere cancellata senza riguardo. Del resto, non si può non concordare con quanti ritengono che un’aggravante della decisione di radere al suolo tutto il complesso consiste nel fatto che sia stata data scarsa importanza all’esigenza di costruire al suo posto un’opera di indubbio maggior pregio architettonico, anche riguardo al miglioramento dell’assetto fruitivo dell’area.
La regola aurea del ‘saldo positivo’, ovvero dell’incremento di valore che dovrebbe sempre risultare dalle operazioni di demolizione e ricostruzione (tema importantissimo sul quale mi riprometto di tornare), parrebbe infatti che sia stata in questa circostanza alquanto trascurata. Si direbbe che a poco siano valse le esperienze deleterie che hanno cancellato dal panorama urbano fiorentino, negli anni recenti, opere architettoniche davvero pregevoli (quali la Casa della GIL in Piazza Beccaria, lo Stabilimento FIAT a Novoli, etc.), che continueremo a rimpiangere per chissà quanto tempo.
A coloro i quali si dichiarano favorevoli alla demolizione della Caserma Guidobono, in quanto giacente da decenni in condizioni di abbandono e degrado, è infine sin troppo facile far notare che il loro ragionamento non regge. Si dovrebbero altrimenti demolire, secondo tale logica, anche complessi quali Sant’Orsola in San Lorenzo, le Gualchiere di Remole a Bagno a Ripoli, le Cascine di Tavola a Poggio a Caiano, la Fabbrica Campolmi all’Isolotto, lo Stabilimento Brunelleschi alle Sieci, il Meccanotessile Galileo, la Manifattura Tabacchi, la Caserma Lupi di Toscana, il Sanatorio Banti a Pratolino, la sede SIP-Telecom in Via Masaccio, etc., tutti dismessi e abbandonati da tempo. Sarebbe una vera ecatombe per il patrimonio culturale di Firenze e dintorni.
La demolizione dell’ex Panificio Militare appare quindi sbagliata, tanto più se si considera, come accaduto e come accade frequentemente nei casi di interventi su edifici aventi valori storico-architettonici, che il compound urbano potrebbe benissimo accogliere funzioni diverse da quelle originarie, comprese quelle commerciali. Non è affatto difficile acquisire la conoscenza di tante eccelse esperienze nazionali e internazionali incentrate sulla proficua dialettica progettuale tra conservazione e innovazione.
Pertanto, ritengo che vada sottoscritta e fatta circolare la petizione on-line (lanciata da Claudio Cantella e sostenuta tra gli altri da Ezio Godoli, presidente del Cedacot), per fermare l’iter di abbattimento dello sventurato ensemble edilizio. Come pure ritengo che vada elogiata la campagna di sensibilizzazione portata avanti da Italia Nostra (soprattutto da Leonardo Rombai e Mariarita Signorini), che fu tra le prime associazioni a capire la gravità della vicenda e a lanciare l’allarme, circa 10 anni fa, sul triste destino che già allora parve addensarsi sull’ex Panificio Militare di Firenze.
EMAS (Emanuele Masiello) – Gennaio 2021
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